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18-11-2013  | Link http://www.affaritaliani.it/fattieconti/piano-di-patuano-insufficiente181113.html?refresh_ce Invia Invia mail ad un amico Stampa Stampa

Il piano industriale dell’amministratore delegato Marco Patuano per il rilancio di Telecom Italia? “Completamente insufficiente, è basato unicamente sulle cessioni”. Letta e Bassanini? “Il loro silenzio dura da troppo tempo”. Il convertendo? “E’ uno scandalo perpetrato contro i piccoli azionisti e non risolve nessun problema”. Alierta? “Si comporta già da capo di Telecom Italia”. È un fiume in piena Franco Lombardi, presidente di Asati (Associazione degli Azionisti di Telecom Italia) quando gli viene chiesto un giudizio sulla situazione in Telecom Italia.

Ingegner Lombardi, come valutate il nuovo piano industriale presentato da Marco Patuano il 7 novembre scorso?
Completamente insufficiente, perché invece che parlare dello sviluppo o del mantenimento del business domestico, è basato su cessioni, come la vendita delle “torri” e lo “scippo” di Telecom Argentina. Sulla cessione di Tim Brasil è stato detto, a voce, che non verrà fatta, ma chissà se è vero. Il problema è che stiamo cedendo asset strategici, perché partecipano al fatturato con circa 8-9 miliardi di euro all’anno. È una situazione drammatica. Patuano ha prospettato dei tagli di costi che non si capisce come verranno realizzati, temiamo attraverso l’esternalizzazione di alcuni servizi come il call center. Il fatto davvero difficile da digerire è che si preannuncia una diminuzione dei ricavi domestici. Telecom sono 5 anni che perde un miliardo all’anno di ricavi, il piano è un controsenso. Poi per ottenere che cosa? Il debito non diminuisce e gli strumenti messi in campo non sono efficaci.

A proposito di questi strumenti, molti hanno sollevato dubbi sull’utilità del convertendo. Ma la necessità di diminuire l’indebitamento, la scure del downgrade di S&P (che classifica Telecom Italia come “spazzatura” con outlook negativo) e i profitti che calano rendono necessario un intervento immediato. Voi quale pensate che fosse lo strumento più adatto?
Il convertendo di 1,3 miliardi non risolve i problemi. È stato uno scandalo perché è stato realizzato tenendo fuori tutti i piccoli azionisti. Ci troveremo nel 2016 con la diluizione del capitale che abbiamo. Ho inoltrato una richiesta urgente di chiarimenti alla Consob perché il convertendo è stato lanciato alle 18.47 del 7 novembre scorso e alle 7.40 del giorno dopo era già stato chiuso, non ammettendo azionisti tra i quali la Findim di Marco Fossati. Blackrock, invece, che non aveva i titoli per accedervi, è stato ammesso, cosa che gli garantirà una cedola del 6,2% mentre i piccoli azionisti non riceveranno dividendi. Per questo motivo abbiamo deciso di fare un esposto alla Consob.

Nel frattempo, Assogestioni si è sfilata dalla partita delle liste per l’assemblea del 20 dicembre prossimo, negando qualsiasi “alleanza” con Marco Fossati e la Findim, che di Telecom detiene il 5%. Come mai, secondo lei?
Assogestioni non rappresenta le minoranze, perché ai vertici apicali ci sono Intesa e Generali. Loro dicono di rappresentare le minoranze, ma non è vero. Findim ha fatto sollecitazioni, ha provato a realizzare un fronte comune proprio con Assogestioni, ma è stato tutto inutile. Per questo Fossati, nell’intervista al Sole 24 Ore (uscita il 16 novembre, ndr) ha detto che vuole che sia Assogestioni a fare la prima mossa. Di fatto, vuole metterli alla prova e vedere come si comporteranno e se tuteleranno i piccoli, di cui dicono di essere portavoce, o se invece seguiranno gli orientamenti di Telco. Ma in questo caso significa che la holding ha un controllo su Telecom e, di conseguenza, in base alle leggi in vigore in Italia, deve accollarsi il ripianamento dei debiti.

Nel caso, voi avete già pronta una vostra lista da presentare? La realizzerete insieme a qualcun altro?
Non ha significato presentare una lista. È una lotta, ma nell’assemblea di aprile le cose potrebbero cambiare. Anche perché non sappiamo che cosa potrà succedere con le indagini che sono state fatte dalla Guardia di Finanza. Può emergere di tutto, perfino eventuali conflitti d’interesse.
Fossati parlava della possibilità di cercare un “pivot”, ovvero un nome di assoluto valore da inserire all’interno della lista. Ad esempio, Vittorio Colao.
Colao non lascerà mai Vodafone per venire in una società in difficoltà come Telecom. E poi Fossati parlava di questa strategia la settimana scorsa, quando ancora non c’era stato lo scandalo del convertendo. Ora le cose sono cambiate.

Pensa che potrete fare “fronte comune” con Findim e magari con qualche altro soggetto oggi poco rappresentato?
Marco Fossati l’ha detto chiaramente, ora bisogna soltanto aspettare. Il punto è che o si riesce ad abbattere quel “moloch” che detiene il 22,5% (fa riferimento a Telco, ndr), oppure tutto resta inutile.

Quella del 20 dicembre, quindi, sarà un’assemblea vitale o pensa che alla fine non succederà nulla?
Il primo punto all’ordine del giorno è la decadenza dell’intero consiglio, ad eccezione di Zingales. Mediamente, le assemblee di Telecom rappresentano il 48% degli azionisti, cui si aggiunge il 5% detenuto da Fossati. Ora, forse, grazie al battage mediatico, arriveremo al 60% della rappresentanza, ma finché non si sblocca la questione su Telco non andremo da nessuna parte. Noi di Asati abbiamo l’1% del capitale di Telecom, Fossati ha il 5% e siamo entrambi d’accordo per la decadenza del cda. Ci aspettiamo di arrivare al 15%, ma tutto sta nel capire che cosa farà Assogestioni. Il vero appuntamento, però, sarà quello di aprile 2014, quando l’assemblea vedrà la presenza anche dei fondi americani che io mi aspetto particolarmente arrabbiati.

Nel frattempo, anche ipotizzando che tutto rimanga invariato, Bernabè non è stato sostituito. Chi vedrebbe bene al suo posto?
Al di là degli errori che ha fatto, Bernabè voleva un aumento di capitale, ovvero uno strumento trasparente, da 4 miliardi di euro, che poteva anche essere riservato a Cdp. Il problema per la successione è questo: la presentazione delle liste scade il 25 novembre, se Telco sarà sicura di vincere non presenterà nessuno e coopterà un presidente temporaneo, mentre quello definitivo verrà nominato ad aprile, magari quando Massimo Sarmi sarà libero.

Siete d’accordo con la cosiddetta “Legge Mucchetti” (l’emendamento alla Stabilità presentato dal senatore Massimo Mucchetti del Pd che abbassa la soglia dell’Opa obbligatoria dal 30 al 15%)?
Siamo d’accordo perché è un deterrente, ma sarà utile per il futuro, non serve nel nostro caso. Alierta, nell’intervista dell’altro giorno sul Sole, era sconvolgente: parlava già come capo di Telecom Italia. Non ha nessun interesse a salire in Telco, si manterrà con l’attuale quota (14,99%) che è comunque sotto la soglia della nuova legge sull’Opa. I grandi banchieri di Telco vengono ricattati fino a giugno 2015 perché Alierta non concederà mai loro la call, che scade a fine anno, che gli permetterebbe di comprare le restanti azioni a 1,1 euro. Rimarranno “ostaggio” fino alla scadenza del patto, nel 2015.

Quale pensate che sia la soluzione migliore per la rete? E, da questo punto di vista, ritenete che la triangolazione possa essere fatta con un soggetto prevalentemente pubblico (Cdp, su tutti) o è meglio rivolgersi ai privati?
Mi sono occupato per trent’anni della rete, e in questi termini ne stiamo parlando almeno dal 2007. Il problema è che il valore continua a calare a mano a mano che l’usura dei cavi di rame li rende meno appetibili. Il valore della società era stato stimato in 22 miliardi di euro, oggi siamo a 13-15. Lo scorporo di per sé non è così importante, potrebbe essere significativo per attrarre capitale, come dice anche Vito Gamberale. Ma dividere la società dalla rete non si fa in un mese, ci vogliono due anni e questo lasso di tempo Telecom non ce l’ha. La rete è un enorme coacervo, non è così semplice. Letta e Bassanini non stanno rispondendo alla mia domanda: perché Cdp non può entrare direttamente in Telecom, quando è entrata in una catena di supermercati, in Eni, Finmeccanica, Generali, Alitalia, Snam? Pensi che non è ancora stato nominato il presidente di sorveglianza sulla Cdp. Intanto però, in Francia e in Germania hanno investito sulla rete, rispettivamente 4 e 6 miliardi di euro: è uno scandalo tutto italiano.

Come farà Telecom Italia a raggiungere il 50% della popolazione entro il 2016?
È indispensabile un aumento di capitale, altrimenti non ci sono i fondi per raggiungere una fetta così ampia della popolazione. Quanto dichiarato da Patuano, che cioè Telecom Italia farà la rete in fibra rispettando l’agenda digitale senza altri investimenti è una bugia: stanno prendendo in giro tutta la popolazione.

   
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